Privacy: il diritto di difesa prevale sul diritto alla inviolabilità della corrispondenza (caso di divulgazione di conversazioni intervenute prevalentemente a mezzo whatsapp)

In materia di trattamento dei dati personali, il diritto di difesa in giudizio prevale sul diritto alla inviolabilità della corrispondenza in virtù del generale principio di cui all’art. 51 cod. pen. (riguardante l’esimente dell’esercizio di un diritto) nonché delle più specifiche norme del codice dei dati personali (art. 24 del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196) e degli artt. 93 e 94 della legge 22 aprile 1941, n. 633, in tema di diritto d’autore, norme queste ultime secondo cui la corrispondenza, allorché abbia carattere confidenziale o si riferisca alla intimità della vita privata, può essere divulgata senza autorizzazione quando la conoscenza dello scritto sia richiesta ai fini di un giudizio civile o penale”.  È quindi possibile prescindere dal consenso dell’interessato quando l’utilizzo della conversazione sia necessaria per far valere o difendere un diritto in giudizio, pur se tali dati non riguardino una parte del giudizio in cui la produzione viene eseguita. Unica condizione richiesta è che la produzione sia pertinente alla tesi difensiva e non eccedente le sue finalità; che sia cioè utilizzata esclusivamente nei limiti di quanto necessario al legittimo ed equilibrato esercizio della propria difesa. Va inoltre ribadito il principio per cui l’interesse alla riservatezza dei dati personali deve cedere, a fronte di autentiche e di esigenze di difesa di altri interessi giuridicamente rilevanti, fra cui quello al corretto e coerente esercizio del diritto di difesa in giudizio, assumendo in ogni caso e a fronte di ogni decisione come criterio direttivo la comparazione tra gli interessi concretamente coinvolti: comparazione a cui deve procedere il giudice del merito, sulla base del suo sereno ed equilibrato apprezzamento (fattispecie in tema di divulgazione di conversazioni, intervenute prevalentemente a mezzo whatsapp).

Tribunale Milano, sezione prima, sentenza del 15.1.2019, n. 9364