Attività amministrativa algoritmica e diritto di non essere sottoposti a decisioni totalmente automatizzate: ecco i 3 principi da applicare nell’utilizzo di strumenti informatici

La “caratterizzazione multidisciplinare” dell’algoritmo (costruzione che certo non richiede solo competenze giuridiche, ma tecniche, informatiche, statistiche, amministrative) non esime dalla necessità che la “formula tecnica”, che di fatto rappresenta l’algoritmo, sia corredata da spiegazioni che la traducano nella “regola giuridica” ad essa sottesa e che la rendano leggibile e comprensibile.

E’ riconosciuto alla persona il diritto di non essere sottoposta a decisioni automatizzate prive di un coinvolgimento umano e che, allo stesso tempo, producano effetti giuridici o incidano in modo analogo sull’individuo. Quindi occorre sempre l’individuazione di un centro di imputazione e di responsabilità, che sia in grado di verificare la legittimità e logicità della decisione dettata dall’algoritmo.

Non può quindi ritenersi applicabile, in modo indiscriminato, all’attività amministrativa algoritmica tutta la legge sul procedimento amministrativo, concepita in un’epoca nella quale l’amministrazione non era investita dalla rivoluzione tecnologica, né sono condivisibili richiami letterari, pur noti ed apprezzabili, a scenari orwelliani (da considerarsi con cautela perché la materia merita un approccio non emotivo ma capace di delineare un nuovo equilibrio, nel lavoro, fra uomo e macchina differenziato per ogni campo di attività).

In termini generali dal diritto sovranazionale emergono  tre principi, da tenere in debita considerazione nell’esame e nell’utilizzo degli strumenti informatici:

-conoscibilità;

-non esclusività della decisione algoritmica;

-non discriminazione algoritmica.

Consiglio di Stato, sezione sesta, sentenza del 13.12.2019, n. 8474