La chiamata del terzo nel procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo

L’opponente a decreto ingiuntivo, che intenda chiamare in causa un terzo (cfr. art. 269 c.p.c.) non può direttamente citarlo per la prima udienza ma deve chiedere al giudice, nell’atto di opposizione, di essere a ciò autorizzato. Ne consegue che l’opponente deve citare unicamente il soggetto istante per l’ingiunzione e, contemporaneamente, chiedere al giudice l’autorizzazione a chiamare in giudizio il terzo al quale ritenga comune la causa sulla base dell’esposizione dei fatti e delle considerazioni giuridiche contenute nel ricorso per decreto. L’autorizzazione del giudice alla chiamata in causa di un terzo su istanza di parte ex art. 106 c.p.c., ove non si verta in ipotesi di litisconsorzio necessario di cui all’art. 102 c.p.c., è discrezionale;  detto provvedimento non ha natura decisoria, sicchè non può formare oggetto di appello o di ricorso per cassazione ed è insuscettibile di passare in cosa giudicata. Pertanto, ove sia stata chiesta l’autorizzazione, senza che il giudice abbia neppure provveduto in merito, non può dirsi che il terzo (per effetto automatico della proposizione dell’istanza di autorizzazione alla chiamata, e prima ancora di essere citato o di aver depositato una comparsa di intervento) abbia assunto la qualità di parte nel processo, legata da un nesso di litisconsorzio necessario processuale con i soggetti originari della lite, in maniera da obbligare il giudice d’appello a rimettere la causa al primo giudice per l’integrazione del contraddittorio.

 

Cassazione civile, sezione terza, ordinanza del 26.8.2019, n. 21706