Controversia sul compenso per attività professionali svolte nel processo tributario: quale rito va seguito?

Le Sezioni unite, risolvendo la questione di giurisdizione sulla controversia instaurata dall’avvocato per recuperare il credito professionale vantato nei confronti del cliente per prestazioni rese innanzi al giudice tributario, hanno affermato che la giurisdizione spetti al giudice ordinario, precisando che trattasi di un contenzioso eterogeneo rispetto alla materia attribuita al giudice tributario D.Lgs. n. 546 del 2002 ex art. 2 e che non può trovare applicazione nè il D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 14, norma sulla competenza e non sulla giurisdizione, relativa alle sole attività professionali svolte nel processo civile, con esclusione di quello penale, amministrativo o davanti ai giudici speciali, nè il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2, nel quale rientra la diversa ipotesi in cui siano reclamate somme liquidate dalle commissioni tributarie a titolo di spese processuali. Da tale principio discende l’inapplicabilità del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 14, alle richieste di compenso per attività professionali svolte nel processo tributario (quindi, nel caso in esame, il regime impugnatorio dell’ordinanza emessa ai sensi degli artt. 702 bis c.p.c. e ss. dal Tribunale, correttamente in composizione monocratica sulla controversia per compensi relativi a giudizi tributari, era quello dell’appello, come testualmente prescrive l’art. 702 quater c.p.c. e non quello del ricorso per cassazione).

Cassazione civile, sezione sesta, ordinanza del 16.7.2019, n. 19102