Rimessione in termini: negligenza e responsabilità del difensore; verosimiglianza dei fatti allegati sulla base delle prove; documentazione attestante un trattamento di Day Hospital

Quanto alla negligenza del difensore ed alla sua incidenza sulla posizione della parte, va confermato che la rimessione in termini, disciplinata dall’art. 184 bis c.p.c., “ratione temporis” applicabile, non può essere riferita ad un evento esterno al processo, impeditivo della costituzione della parte, quale la circostanza dell’infedeltà del legale che non abbia dato esecuzione al mandato difensivo, giacchè attinente esclusivamente alla patologia del rapporto intercorrente tra la parte sostanziale e il professionista incaricato ai sensi dell’art. 83 c.p.c., che può assumere rilevanza soltanto ai fini di un’azione di responsabilità promossa contro quest’ultimo, e non già, quindi, spiegare effetti restitutori al fine del compimento di attività precluse alla parte dichiarata contumace, o, addirittura, comportare la revoca, in grado d’appello, di tale dichiarazione.

 La previsione di cui all’art. 184 bis c.p.c., con il rinvio all’art. 294 c.p.c., comma 2 e 3, presuppone che la rimessione in termini debba passare attraverso il vaglio della verosimiglianza dei fatti allegati sulla base delle prove addotte dal richiedente.

 La notifica della sentenza ad un procuratore regolarmente iscritto all’albo è idonea a far decorrere il termine breve per l’impugnazione, conseguendo la perdita dello “ius postulandi” solo alla cancellazione dall’albo, in mancanza della quale non può assumere alcun rilievo, neppure ai fini di una rimessione in termini, la cessazione di fatto dell’attività professionale del difensore, seppure imputabile a gravi ragioni di salute, atteso che tale circostanza non si traduce per l’interessato nell’impossibilità di acquisire conoscenza della sentenza impugnata, della quale può avere notizia dai collaboratori dello studio professionale, sicchè facendo applicazione di tale principio emerge con evidenza come le ragioni addotte dal ricorrente non potrebbero in alcun modo legittimare la tardiva proposizione del ricorso (la SC afferma che nella specie la documentazione medica attestante un trattamento di Day Hospital non legittima la richiesta di rimessione in termini in quanto non chiarisce se l’avvocato è stato effettivamente ricoverato e se tale condizione di ricovero si sia protratta anche per tutto il tempo che ha preceduto la scadenza del termine breve per la proposizione del ricorso a far data dalla notifica della sentenza: il riferimento ad un trattamento di Day Hospital, per definizione limitato nel tempo, sottende la ricorrenza di condizioni di salute non incompatibili con la prosecuzione dell’attività professionale (potendo intendersi nella specie la persistenza alla data della certificazione come riferita alla grave iperglicemia, ma non anche alla condizione di allettamento).

Cassazione civile, sezione sesta, ordinanza del 3.7.2019, n. 17889