Formazione continua e relative sanzioni disciplinari: obbligo a tutela della collettività e conforme a Costituzione che non è assolto con una generica attività formativa svolta in proprio

L’avvocato deve curare costantemente la preparazione professionale, conservando e accrescendo le conoscenze con particolare riferimento ai settori di specializzazione e a quelli di attività prevalente. In particolare, il dovere di competenza di cui all’art. 14 cdf (già art. 12 codice previgente) -che costituisce il presupposto dell’obbligo di aggiornamento professionale previsto dall’art. 15 cdf (già art. 13 codice previgente)- ha la finalità di garantire la parte assistita che l’accettazione dell’incarico da parte dell’avvocato implicitamente racchiuda il possesso di quella preparazione professionale acquisita, appunto, con la regolare frequenza delle attività di aggiornamento. La norma deontologica in parola è pertanto posta a tutela della collettività, e non già del prestigio della professione, in quanto garantisce la qualità e la competenza dell’iscritto all’albo ai fini del concorso degli avvocati al corretto svolgimento della funzione giurisdizionale.

 La previsione regolamentare in tema di obbligo di formazione (con relative sanzioni disciplinari, poste a tutela della sua effettività) non è in contrasto con l’art. 23 né con l’art. 33 della Costituzione non potendosi riconoscere nella stessa né una previsione patrimoniale imposta né una disposizione per la conservazione dell’iscrizione nell’albo professionale ma, esclusivamente, una condizione per l’accesso.

L’obbligo di formazione non può ritenersi assolto mediante l’autoreferenziale richiamo ad una generica attività formativa svolta in proprio su materie di interesse (Nel caso di specie, il professionista aveva ritenuto assolto l’obbligo in parola attraverso la “consultazione assidua e sistematica su internet di siti giuridici gratuiti” nonché, per quanto riguardava la formazione in materia deontologica, attraverso “le ripetute segnalazioni per comportamenti non ortodossi di colleghi a chi di dovere”. In applicazione del principio di cui in massima, il CNF ha rigettato l’impugnazione, confermando la sanzione comminata dal consiglio territoriale).

 

Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Logrieco, rel. Baffa), sentenza del 22 novembre 2018, n. 150 (pubbl. 7.6.2019)