Copie delle buste paga, insinuazione al passivo fallimentare, efficacia probatoria

Le copie delle buste paga rilasciate al lavoratore dal datore di lavoro, ove munite dei requisiti previsti dalla L. n. 4 del 1953, art. 1, comma 2, (vale a dire, alternativamente, della firma, della sigla o del timbro di quest’ultimo), hanno piena efficacia probatoria del credito che il dipendente intenda insinuare al passivo della procedura fallimentare riguardante il suo datore di lavoro; un simile valore probatorio discende (a mente del combinato disposto del D.L. n. 112 del 2008, art. 39,L. n. 4 del 1953, artt. 1,2 e 5) dal fatto che il contenuto delle buste paga è obbligatorio e sanzionato (un tempo penalmente e ora) in via amministrativa e, come tale, è di per sè sufficiente a provare il credito maturato dal lavoratore; simili principi presuppongono tuttavia che il libro unico del lavoro sia stato tenuto in modo regolare e completo; ne discende che il curatore non solo è abilitato a confutare il valore probatorio del medesimo libro a motivo della sua irregolare formazione, ma può anche contestarne le risultanze con mezzi contrari di difesa o, semplicemente, con specifiche deduzioni e argomentazioni volte a dimostrarne l’inesattezza, la cui valutazione è rimessa al prudente apprezzamento del giudice.

Cassazione civile, sezione tributaria, ordinanza del 15.5.2019, n. 13006