Mancanza del fascicolo di parte e mancata annotazione dell’avvenuto ritiro: che fare?

Ove non risulti alcuna annotazione dell’avvenuto ritiro del fascicolo di una parte, il giudice non può rigettare una domanda, o un’eccezione, per mancanza di una prova documentale inserita nel fascicolo di parte, ma deve disporre le opportune ricerche tramite la cancelleria, e, in caso di esito negativo, concedere un termine all’appellante per la ricostruzione del proprio fascicolo, presumendosi che le attività delle parti e dell’ufficio si siano svolte nel rispetto delle norme processuali e, quindi, che il fascicolo, dopo l’avvenuto deposito, non sia mai stato ritirato. Soltanto in caso di insuccesso delle ricerche da parte della cancelleria, ovvero in caso di inottemperanza della parte all’ordine di ricostruire il proprio fascicolo, il giudice potrà pronunciare sul merito della causa in base agli atti a sua disposizione. Al fine di decidere se la scelta del giudice di primo grado, di pronunciare nel merito in assenza del fascicolo, sia stata assunta in presenza dei presupposti, va preventivamente verificata la presenza, o meno, dell’annotazione dell’avvenuto ritiro. Infatti, solo il positivo riscontro di tale annotazione abilita il giudice a decidere la controversia allo stato degli atti.  Il carattere perentorio del termine entro il quale deve avvenire, ai sensi dell’art. 169 c.p.c., comma 2, il deposito del fascicolo di parte ritirato all’atto della rimessione della causa al collegio, va riferita solo alla fase decisoria di primo grado e non può in alcun modo operare una volta che il procedimento trasmigri in appello, stante il riferimento dell’art. 345 c.p.c., alle sole prove nuove e, quindi, ai documenti che nel giudizio si pretenda di introdurre come “nuovi”, in quanto non introdotti prima del grado di appello, tra i quali non rientrano quelli contenuti nel fascicolo di parte di primo grado, ove prodotti nell’osservanza delle preclusioni probatorie di cui agli artt. 165 e 166 c.p.c.

 

Cassazione civile, sezione seconda, sentenza del 9.1.2019, n. 314