Gli onorari dovuti dal cliente prescindono dalla liquidazione contenuta nella sentenza che condanna l’altra parte al pagamento delle spese

Va confermato il principio secondo cui la misura degli oneri dovuti dal cliente al proprio avvocato prescinde dalle statuizioni del giudice contenute nella sentenza che condanna la controparte alle spese ed agli onorari di causa e deve essere determinata in base a criteri diversi da quelli che regolano la liquidazione delle spese tra le parti (quali, tra gli altri, il risultato ed altri vantaggi anche non patrimoniali). Ciò posto, la stessa esistenza di distinte previsioni normative per la determinazione dei compensi nei riguardi del cliente – ancorché vi sia stata la pronuncia sulle spese da parte del giudice che ha definito la relativa controversia – univocamente comprova che l’ammontare delle somme dallo stesso cliente dovute, può essere diverso rispetto a quello formante oggetto della suddetta pronuncia, per cui tra le due liquidazioni può esservi corrispondenza. Pertanto, la misura degli onorari dovuti dal cliente al proprio avvocato prescinde dalla liquidazione contenuta nella sentenza, che condanna l’altra parte al pagamento delle spese e degli onorari di causa, per cui solo l’inequivoca rinuncia del legale al maggiore compenso può impedirgli di pretendere onorari maggiori e diversi da quelli liquidati in sentenza. Tale rinuncia non può essere desunta dalla mera accettazione della somma corrisposta dal cliente per spese, diritti ed onorari, nella misura liquidata in sentenza e posta a carico dell’altra parte, quando non risulti in concreto che la somma è stata accettata a saldo di ogni credito per tale titolo. Tali principi vanno confermati anche dopo l’entrata in vigore della nuova legge professionale forense n. 247 del 2013 che ha determinato il passaggio dal sistema tariffario a quello dei parametri.

 

 

Cassazione civile, sezione sesta, ordinanza del 17.10.2018, n. 25992