Promessa di pagamento e ammissioni contenute in un atto processuale: possono avere valore di confessione?

Se la promessa di pagamento, che secondo il più recente orientamento di questa corte ha natura negoziale, possiede una rilevanza unicamente processuale, dispensando colui a cui favore tale dichiarazione è stata fatta dall’onere di provarne i fatti costitutivi c.d. relevatio ab onere probandi, nel caso in cui la promessa coesista con l’indicazione del fatto costitutivo del debito suddetto, tale indicazione ha natura di confessione, la quale, avendo valore di prova legale, può essere vinta soltanto a mezzo revoca della stessa, provando, secondo quanto previsto dall’art. 2732 c.c., l’errore di fatto o la violenza che ha determinato la dichiarazione. Circa la questione dell’efficacia di confessione giudiziale delle ammissioni contenute in un atto processuale (nella specie una comparsa di costituzione) si osserva che tali dichiarazioni, per assumere il carattere proprio della confessione giudiziale spontanea, alla stregua di quanto previsto dagli artt. 228 e 229 c.p.c., avrebbero dovuto essere sottoscritte dalla parte personalmente, con modalità tali da rivelare inequivocabilmente la consapevolezza delle specifiche dichiarazioni dei fatti sfavorevoli contenute nell’atto. Di conseguenza, risulta a tale scopo inidonea la mera sottoscrizione della procurascritta, a margine o in calce all’atto contenente le dichiarazioni suddette, la quale, sebbene riportata nel medesimo foglio costituisce atto da esse giuridicamente distinto, benchè collegato.

 

Cassazione civile, sezione seconda, ordinanza del 20.4.2018, n. 9880