Rito del lavoro, introduzione con atto di citazione, mutamento del rito, effetti sostanziali e processuali della domanda: illegittimità costituzionale?

È inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 426 c.p.c., sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 Cost., come segue: nel corso di un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo− proposto «nelle forme ordinarie», con atto di citazione notificato alla controparte, in relazione al quale era stato però disposto il mutamento del rito, per inerenza del credito azionato a rapporto di locazione ricadente (ex art. 447-bis c.p.c.) nell’ambito delle controversie per le quali è prescritto il rito speciale del lavoro (da introdursi con deposito del ricorso in cancelleria ai sensi degli artt. 409 e seguenti dello stesso codice) – il giudice chiamato a pronunciarsi sull’eccezione avversaria di tardività dell’opposizione, risultandone il deposito effettuato oltre il termine perentorio (di 40 giorni dalla notificazione del decreto ingiuntivo) di cui all’art. 641 c.p.c., ha ritenuto rilevante, e non manifestamente infondata in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 Cost., ed ha perciò sollevato questione incidentale di legittimità costituzionale dell’art. 426 c.p.c., nella parte, appunto, in cui, secondo l’interpretazione giurisprudenziale consolidatasi in termini di diritto vivente, «non prevede che, in caso di introduzione con rito ordinario di una causa soggetta al rito previsto dagli art. 409 e ss. c.p.c. e di conseguente mutamento del rito, gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producano secondo le norme del rito ordinario, seguito fino al mutamento».

 

Corte Costituzionale, sentenza 2.3.2018, n. 45