Procura alle liti: nullità, responsabilità professionale e diritto al compenso; soggetto residente all’estero; principio del raggiungimento dello scopo

Le questioni giuridiche inerenti la nullità della procura alle liti e la responsabilità professionale, e il conseguente diritto al compenso, sono autonome e distinte, poiché la responsabilità professionale potrebbe in astratto sussistere anche in presenza di un valido mandato, mentre l’invalidità di questo non comporta necessariamente una responsabilità professionale, né esclude il diritto al compenso per l’attività professionale correttamente svolta.

La contestazione della procura “ad litem” conferita da un soggetto residente all’estero che agisca davanti al giudice italiano necessita della querela di falso soltanto ove ne investa la certificazione dell’autografia, potendo, invece, essere vinta con prova contraria la presunzione di effettuazione in Italia dell’autentica della sottoscrizione. Nemmeno può ritenersi che l’invalidità eventualmente derivata dalla sottoscrizione “a distanza” della procura alle liti comporti la sanzione giuridica dell’inesistenza dell’atto.

In tema di procura alle liti, quando l’autentica della sottoscrizione sia stata effettuata da un difensore esercente in Italia, il rilascio del mandato e l’autentica della sottoscrizione del mandante devono presumersi avvenuti nel territorio dello Stato, anche qualora il mandante risieda all’estero, in difetto di prova contraria da parte di che ne contesti la validità. 

Poiché l’atto con il quale è conferita la procura alle liti ha natura processuale, l’inosservanza delle forme stabilite dall’art. 83 cod. proc. civ. non comporta, a norma dell’art. 156 dello stesso c.p.c. di rito, nullità ove sia ugualmente raggiunto lo scopo per il quale le forme stesse sono prescritte e, cioè, il controllo della certezza, provenienza e tempestività della procura medesima.

 

Corte di Appello di Milano, sentenza del 10.4.2017