Impugnazione incidentale tardiva, scadenza del termine per l’impugnazione principale e acquiescenza alla sentenza

Va confermato il principio secondo cui in base al combinato disposto degli artt. 334, 343 e 371 c.p.c., è ammessa l’impugnazione incidentale tardiva (da proporsi con l’atto di costituzione dell’appellato o con il controricorso nel giudizio di cassazione) anche quando sia scaduto il termine per l’impugnazione principale, e persino se la parte abbia prestato acquiescenza alla sentenza, indipendentemente dal fatto che si tratti di un capo autonomo della sentenza stessa e che, quindi, l’interesse ad impugnare fosse preesistente, dato che nessuna distinzione in proposito è contenuta nelle citate disposizioni; l’unica conseguenza sfavorevole dell’impugnazione cosiddetta tardiva è che essa perde efficacia se l’impugnazione principale è dichiarata inammissibile.

Va altresì ribadito che l’art. 334 c.p.c., che consente alle parti, contro le quali sia stata proposta impugnazione (o chiamate ad integrare il contraddittorio a norma dell’art. 331 c.p.c.), di proporre impugnazione incidentale, anche quando per esse sia decorso il termine ordinario o abbiano fatto acquiescenza, è rivolto a rendere possibile l’accettazione della sentenza, in situazione di reciproca soccombenza, solo quando anche l’avversario tenga analogo comportamento, e, pertanto, in difetto di limitazioni oggettive, trova applicazione con riguardo a qualsiasi capo della sentenza medesima, ancorchè autonomo rispetto a quello investito dall’impugnazione principale.

 

Cassazione civile, sezione sesta, ordinanza del 17.3.2017, n. 7032