Illegittimità del reclamo proposto in proprio dinanzi al CNF dall’avvocato sospeso avverso il provvedimento disciplinare adottato dal Consiglio dell’ordine

Va confermato che in tema di sanzioni disciplinari a carico di avvocati, il provvedimento di sospensione a tempo indeterminato all’esercizio della professione (l. n. 536 del 1949 e l. n. 576 del 1980) e dotato di efficacia immediata, priva, fin dal momento della sua adozione, l’avvocato che ne venga colpito, del diritto di esercitare la professione, senza che, con riferimento ad esso, possa ritenersi realizzabile l’effetto sospensivo – correlato all’impugnazione dinanzi al Consiglio nazionale forense – previsto, per i provvedimenti applicativi di altre e diverse sanzioni disciplinari, dal R.D.L. n. 1578 del 1933, art. 50, comma 6. Da ciò consegue l’illegittimità di un’eventuale reclamo proposto in proprio, dinanzi al Consiglio nazionale forense, dall’avvocato sospeso, avverso il provvedimento disciplinare adottato dal locale Consiglio dell’ordine. La soluzione non muta alla luce della nuova disciplina dell’ordinamento forense (l. n. 247 del 2012, art. 29, la quale prevede che la sospensione sia esecutiva sino alla revoca della stessa per effetto del pagamento dei contributi dovuti e della quale non può dubitarsi che sia costituzionalmente illegittima).

 

Cassazione civile, sezioni unite, sentenza del 24.3.2017, n. 7666