Reddito rilevante per l’ammissione al patrocinio alle spese dello Stato

 Il reddito imponibile rilevante, ai fini dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, è il reddito complessivo al netto degli oneri deducibili indicati nell’art. 10 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, dovendo farsi riferimento alle norme in materia tributaria in base alle quali per reddito imponibile si intende il reddito “al netto degli oneri deducibili”. Dette detrazioni, il cui scopo è quello di garantire la progressività dell’imposta, sono finalizzate alla determinazione concreta dell’imposta da pagare.

 

Corte di Appello di Campobasso, sentenza del 12.09.2016

 …omissis…

Le condizioni per poter essere ammessi al gratuito patrocinio sono disciplinate dall’ art. 76 del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, ai sensi del quale: “1. può essere ammesso al patrocinio chi è titolare di un reddito imponibile ai fini dell’imposta personale, risultante dall’ultima dichiarazione, non superiore a Euro 9.296,22 limite operante all’epoca della domanda del M. 2. salvo quanto previsto dall’art. 92, se l’interessato convive con il coniuge o con altri familiari, il reddito è costituito dalla somma dei redditi conseguiti nel medesimo periodo da ogni componente della famiglia compreso l’istante. 3. Ai fini della determinazione dei limiti di reddito, si tiene conto anche dei redditi che per legge sono esenti dall’imposta sul reddito delle persone fisiche (Irpef) o che sono soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, ovvero ad imposta sostitutiva”.

Secondo l’art. 92 citato, riferito al solo giudizio penale, “se l’interessato all’ammissione al patrocinio convive con il coniuge o con altri familiari, si applicano le disposizioni di cui all’articolo 76, comma 2, ma i limiti di reddito indicati dall’articolo 76, comma 1, sono elevati di Euro 1.032,91 per ognuno dei familiari conviventi”.

L’appellante richiama anche in questa sede la segnalazione effettuata, sulla scorta dei dati fiscali acquisiti all’Anagrafe tributaria, dall’Agenzia delle Entrate al Tribunale penale di Campobasso e da questo recepita nella menzionata ordinanza del 16/10/’06, secondo cui V.M. non aveva diritto a beneficiare del patrocinio a spese dello Stato di cui alla domanda presentata il 27/09/2004 ed accolta il 28/09/2004, in quanto il suo reddito familiare era stato di Euro16.783,00 nell’anno 2003 e di Euro 16.237,00 nel 2004 -a fronte del limite di reddito per il M., convivente con la madre, pari a 10.329,13 Euro (9.296,22 Euro + 1.032,91 Euro) ex artt. 76 e 92 T.U.S.G.-.

Come già in primo grado, non è controversa fra le parti l’entità dei redditi risultante dalle dichiarazioni fiscali presentate dal M. e dalla madre convivente Libera Testa (si vedano anche i documenti prodotti dall’odierno appellato): si dibatte invece se detti redditi, secondo la previsione ed i fini di cui all’art. 76 del T.U.S.G., siano da computare al lordo degli oneri deducibili, come sostenuto dall’Amministrazione appellante, ovvero al netto, secondo la tesi dell’appellato, questione decisiva (sulla quale non ha preso espressamente posizione la pronuncia oggetto di appello) giacchè, a fronte dei redditi dichiarati per il 2003 dall’appellato e dalla madre per complessivi 16.783,00 Euro, le deduzioni per la progressività dell’imposizione ( art. 10 bis del TUIR) ammontano a 13.867,00 Euro.

Secondo l’orientamento giurisprudenziale minoritario invocato dall’appellato (cfr. Cass. pen. Sez. III, 23 marzo – 28 aprile 2011, n. 16583), “per “reddito imponibile” ai fini dell’imposta personale sul reddito, da valutarsi per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, deve intendersi il reddito complessivo al netto degli oneri deducibili indicati nell’ art. 10 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (cosiddetto Testo Unico delle imposte sui redditi), dovendo farsi riferimento alle norme in materia tributaria, per le quali per reddito imponibile si intende il reddito “al netto degli oneri deducibili””.

Ritiene questa Corte che debba tuttavia seguirsi il più convincente orientamento contrario, confermato dalla IV Sezione della S.C. penale con sentenza del 19 luglio 2011, n. 28802, già affermato fra le altre dalla precedente pronuncia di Sez. IV, 14 aprile – 4 giugno 2008, n. 22299, nonché, di recente, da Cass. pen. 2015/n. 19751, secondo cui “nella determinazione del reddito rilevante ai fini dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato non si tiene conto delle detrazioni o deduzioni stabilite dal legislatore”.

La S.C. ha premesso che tali detrazioni -con particolare riferimento alle deduzioni previste per garantire la progressività dell’imposta- sono finalizzate alla determinazione concreta dell’imposta da pagare, concetto che presenta una configurazione diversa rispetto al “reddito imponibile” cui fa riferimento l’art. 76 del T.U.S.G., il quale intende dare rilevanza al reddito lordo ed anche a redditi non assoggettabili ad imposta ma indicativi delle condizioni personali, familiari e del tenore di vita dell’istante; proprio per questo, precisa la S.C., nell’indicare le condizioni di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, la norma non fa solo riferimento al “reddito imponibile ai fini dell’imposta personale … risultante dall’ultima dichiarazione”, bensì anche ai “redditi che per legge sono esenti dall’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) o che sono soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta, ovvero ad imposta sostitutiva”.

Anche la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 382 del 1985, nell’affrontare la problematica dei limiti di reddito per il patrocinio gratuito, aveva precisato che “nella nozione di reddito, ai fini dell’ammissione del beneficio in questione, devono ritenersi comprese le risorse di qualsiasi natura di cui il richiedente disponga, anche gli aiuti economici (se significativi e non saltuari) a lui prestati, in qualsiasi forma, da familiari non conviventi o da terzi, – pur non rilevando agli effetti del cumulo – potranno essere computati come redditi direttamente imputabili all’interessato, ove in concreto accertati con gli ordinari mezzi di prova, tra cui le presunzioni semplici previste dall’art. 2739 cod. civ. , quali il tenore di vita ecc.” -si veda anche Corte Cost., 17 marzo 1992, n. 144-.

Si è precisato che “la ragione dell’accertamento degli effettivi redditi percepiti dall’istante risponde all’esigenza di autorizzare il trasferimento allo Stato di una spesa (di difesa tecnica) che la parte da sola non riesce a sostenere, così facendo appello alla solidarietà della collettività”.

Non è stata oggetto di contestazione da parte dell’opponente, odierno appellato, l’entità della somma di cui alla cartella esattoriale opposta, pari al compenso a suo tempo liquidato al difensore del M. e posto a carico dell’Erario.

D.– L’appello va dunque accolto, e per l’effetto l’opposizione proposta da V.M. deve essere respinta.

Le spese del giudizio, in considerazione della soluzione accolta, sono a carico della parte soccombente per entrambi i gradi del giudizio; le stesse sono regolate in dispositivo in riferimento all’epoca di definizione di ciascuna fase -Cass. sez. un. 2012/n.17405 e 17406-, e pertanto applicando il D.M. n.127 del 2004 per il primo grado, e per quello presente il D.M. n. 55 del 2014 in ragione del valore della causa, secondo i parametri medi per le attività di studio, introduttiva e decisoria.

pqm

La Corte di Appello di Campobasso – Collegio civile,

pronunciando definitivamente sull’appello proposto con citazione notificata il 10/01/2012 dal Ministero della Giustizia, in persona del Ministro p.t., avverso la sentenza n. 248/’11 emessa dal Tribunale di Campobasso in composizione monocratica, nei confronti di M.V. e della Equitalia Serit spa, in persona del l.r.p.t., ogni altra istanza ed eccezione disattesa, così provvede:

1) ccoglie l’appello e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge l’opposizione alla cartella esattoriale notificatagli il 17/09/2007, proposta dal M.;

2) condanna l’appellato M.V. a rimborsare al Ministero appellante le spese di entrambi i gradi del giudizio, che liquida per tale quota per il primo grado in Euro 400,00 per diritti ed in Euro 600,00 per onorari, oltre rimborso forfettario in ragione del 12,50% , Iva e Cpa come per legge, e per il presente grado in Euro 317,00 per le spese prenotate a debito ed in Euro 1.830,00 per compenso al difensore, oltre al rimborso forfettario in ragione del 15% , Iva e Cpa come per legge.

Così deciso in Campobasso, nella camera di consiglio del 20 luglio 2016.

Depositata in Cancelleria il 12 settembre 2016.