Azione revocatoria ordinaria e azione revocatoria fallimentare: diversità di fini

L’azione revocatoria ordinaria, diversamente dall’azione revocatoria fallimentare, pur essendo un mezzo per ripristinare la garanzia patrimoniale del creditore, non è tuttavia tesa alla realizzazione del principio della par candido creditorum; di conseguenza, sono esenti dalla revocatoria ordinaria gli atti compiuti in ragione dell’adempimento di un debito scaduto, alla stregua di quanto sancito dall’art. 2901 c.c., comma 3, nei limiti in cui la prestazione del debitore abbia natura di atto dovuto.

Cassazione civile, sezione terza, ordinanza del 19.10.2016, n. 21081

…omissis…

Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., ovvero l’omessa corrispondenza tra chiesto e pronunciato e sostiene che l’attrice in primo grado aveva chiesto la declaratoria di inefficacia della vendita limitatamente ad uno solo dei due appartamenti inclusi nello stesso rogito, quello sito al piano terra, anche perchè quello sito al primo piano era stato venduto xxxxxx), quindi prima dell’inizio della causa, a terzi di buonafede i quali non erano stati evocati in giudizio.

Il motivo è fondato e va accolto.

Previa verifica degli atti di causa, consentita e dovuta allorchè sia stato dedotto, come in questo caso, un vizio in procedendo, si è potuto accertare, come indicato nella parte espositiva, che effettivamente xxxxxxx in primo grado, aveva concluso chiedendo si dichiarasse l’inefficacia nei propri confronti dell’atto dispositivo solo in relazione alla vendita dell’appartamento sito al primo piano (essendo a conoscenza e dando atto che l’appartamento del piano terra era stato alienato a terzi estranei al giudizio prima dell’introduzione di esso), mentre la sentenza di appello ha dichiarato l’inefficacia nei suoi confronti dell’intero atto di vendita a rogito xxxxxx, con il xxxxxxx ha trasferito al xxx. la quota parte di entrambi gli appartamenti.

Con il secondo motivo l’acquirente dell’immobile denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2901 c.c. e art. 115 c.p.c., nonchè l’omesso esame su un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.

Sostiene che la corte d’appello non abbia idoneamente considerato che l’atto di disposizione non era soggetto a revocatoria perchè posto in essere per effettuare il pagamento di debiti scaduti, rimanendo irrilevante che solo una parte del ricavato fosse stata utilizzata per il pagamento di tali debiti, atteso che non si applica, nella situazione debitoria sottesa alla azione revocatoria ordinaria, il principio di tutela della par conditio.

La corte d’appello ha accertato che la parte destinata al pagamento dei debiti scaduti della società di persone della xxxxx era stata, su un ricavato complessivo di 150.000 Euro, pari a 63.000 Euro, e ne ha dedotto che ben avrebbe potuto il xxxendere un appartamento solo per arrivare all’integrale soddisfazione di quei debiti, e quindi che vendendoli entrambi non ne ha destinato il ricavato solo al pagamento di debiti scaduti ed ha comunque leso la garanzia patrimoniale dei suoi creditori.

Nel far ciò, la corte territoriale ha effettivamente omesso di considerare la circostanza, decisiva ed oggetto del giudizio, che gli immobili trasferiti fossero gravati da un mutuo che l’acquirente si accollava al momento dell’acquisto e di conseguenza la rilevanza che l’esistenza ed il peso economico del mutuo assumevano, a fianco della corresponsione diretta di parte del ricavato ai creditori presenti all’atto, nella funzionalizzazione della complessiva operazione negoziale alla estinzione di passività già contratte dal xxxxxxx, che questi non era più in grado di fronteggiare con le sue normali entrate.

Sotto il profilo della violazione di legge, inoltre, non sembra che la corte territoriale abbia tenuto in adeguato conto che l’azione revocatoria ordinaria, diversamente dall’azione revocatoria fallimentare, pur essendo un mezzo per ripristinare la garanzia patrimoniale del creditore, non è tuttavia tesa alla realizzazione del principio della par candido creditorum (v. Cass. n. 14557 del 2009) e di conseguenza che sono esenti dalla revocatoria ordinaria gli atti compiuti in ragione dell’adempimento di un debito scaduto, alla stregua di quanto sancito dall’art. 2901 c.c., comma 3, nei limiti in cui la prestazione del debitore abbia natura di atto dovuto.

Spetterà alla corte d’appello verificare, tenendo nel dovuto conto anche l’esistenza di un mutuo che l’acquirente si è accollato, se nel caso di specie l’alienazione posta in essere dal xxxxx per reperire la liquidità occorrente all’adempimento dei propri debiti rappresentasse il solo mezzo per tale scopo, ponendosi in siffatta ipotesi la vendita in rapporto di strumentalità necessaria con un atto dovuto, si da poterne escludere il carattere di atto pregiudizievole per i creditori richiesto per la revoca (v. da ultimo Cass. n. 7747/2016).

Infine, con il terzo motivo il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 2729 e 2901 c.c., sul punto della conoscenza della scientia decoctionis in capo all’acquirente.

Il motivo è assorbito dall’accoglimento degli altri due, in quanto la corte d’appello dovrà integralmente rinnovare la valutazione sulla sussistenza dei presupposti per l’accoglimento dell’azione revocatoria, in relazione alla domanda effettivamente proposta dalla xxxxx e tenuto conto dei principi di diritto ai quali è stata richiamata in virtù dell’accoglimento del secondo motivo di ricorso.

Il ricorso proposto va pertanto accolto, la sentenza impugnata cassata e la causa rimessa alla corte d’appello di Firenze in diversa composizione.

pqm

La Corte accoglie il primo e il secondo motivo, assorbito il terzo. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’Appello di Firenze in diversa composizione, che deciderà anche sulle spese. Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di Cassazione, il 24 giugno 2016.