Opposizione all’esecuzione fondata su contestazioni inerenti il “merito” del rapporto sostanziale e che investa fatti antecedenti alla formazione di quel titolo: inammissibilità

L’opposizione all’esecuzione (ivi compresa l’opposizione preventiva di cui all’art. 615, primo comma, c.p.c.) che sia fondata su contestazioni inerenti il “merito” del rapporto sostanziale in relazione al quale è stato formato il titolo esecutivo giudiziale e che investa fatti antecedenti alla formazione di quel titolo sia da considerarsi in toto inammissibile (salvo, ovviamente, il caso di vizi del provvedimento che ne inficino la stessa giuridica esistenza). Quelle contestazioni possono infatti essere sollevate unicamente nel processo di cognizione preordinato alla formazione del titolo giudiziale, in quanto unica “sede” deputata all’accertamento della pretesa sostanziale all’ottenimento del bene della vita. E, si badi, di inammissibilità dell’opposizione si tratta (e non già di infondatezza del merito), esattamente come – sempre in applicazione del principio del ne bis in idem – è da ritenersi inammissibile un’azione cognitiva che investa fatti in relazione ai quali operi la preclusione del giudicato o per i quali penda già un distinto processo (risolvendosi, infatti, in tale ultimo caso, la declaratoria di litispendenza ex art. 39, primo comma, c.p.c. in una mera pronuncia in rito).

 

Tribunale di Bari, sezione seconda, sentenza del 13.7.2016, n. 3909