L’insostenibilità delle tesi giuridiche prospettate in giudizio può costituire fondamento d’una condanna ex art. 96 c.p.c.?

Circa la questione se la mera infondatezza in iure delle tesi prospettate in giudizio può integrare gli estremi della responsabilità aggravata di cui all’art. 96 c.p.c. va osservato, da un lato, che la mera infondatezza d’una tesi giuridica non va confusa con la sua manifesta insostenibilità; dall’altro lato, che la mera infondatezza delle tesi giuridiche sostenute in giudizio non può costituire da sola e di per sè fondamento d’una condanna ex art. 96 c.p.c.; ma se si associasse ad altri elementi (come, nel caso di specie, la ritenuta inveridicità dei fatti invocati e la chiamata in causa di terzi del tutto pretestuosa) essa ben potrebbe costituire un indice sintomatico della colpa grave. Inoltre l’orientamento sopra ricordato (secondo cui sostenere tesi infondate in giudizio non sarebbe di per sè indice di “colpa grave”, ai fini della condanna per responsabilità aggravata) non è più coerente col quadro ordinamentale perché non tiene conto: a) del principio di ragionevole durata del processo di cui all’art. 111 Cost., che impone interpretazioni delle norme processuali idonee a rendere più celere il giudizio; b) del principio che considera illecito l’abuso del processo, ovvero il ricorso ad esso con finalità strumentali; c) del principio secondo cui le norme processuali vanno interpretate in modo da evitare lo spreco di energie giurisdizionali.

Cassazione civile, sezione terza, sentenza del 29.9.2016, n. 19298