Deduzione d’inefficacia del contratto stipulato da un rappresentante senza poteri, mera difesa: conseguenze processuali

Occorre confermare che la deduzione della inefficacia del contratto stipulato da un rappresentante senza poteri rappresenta non una eccezione, ma mera difesa, con la quale il convenuto non estende l’oggetto del processo al di là del diritto fatto valere dall’attore, nè allarga l’insieme dei fatti rilevanti allegati al giudizio. Pertanto, trattandosi di mera difesa, varranno le seguenti regole processuali:

·         per la formulazione di tale deduzione difensiva il codice di procedura civile non prevede alcuna specifica limitazione temporale;

·         peraltro, la circostanza che l’interessato, costituito nel processo, ometta di prendere posizione circa la sussistenza del potere rappresentativo allegato dall’avversario a sostegno della propria domanda, o comunque ometta di contestare specificamente tale fatto, costituisce un comportamento processuale significativo e rilevante sul piano della prova del fatto medesimo, determinando, in applicazione del principio di non contestazione (per cui v., ora, l’art. 115 c.p.c., comma 1), una relevatio ab onere probandi;

·         il mero difetto di contestazione specifica, ove rilevante, non impone in ogni caso al giudice un vincolo assoluto (per così dire, di piena conformazione), obbligandolo a considerare definitivamente come provata (e quindi come positivamente accertata in giudizio) la legittimazione rappresentativa non contestata, in quanto il giudice può sempre rilevare l’inesistenza del fatto allegato da una parte anche se non contestato dall’altra, ove tale inesistenza emerga dagli atti di causa e dal materiale probatorio raccolto;

·         allorchè la mancanza del potere rappresentativo sia acquisita agli atti, di essa il giudice può tenere conto anche in assenza di una specifica deduzione della parte interessata, giacchè la sussistenza dei fatti costitutivi della domanda deve essere esaminata e verificata dal giudice anche d’ufficio.

 

Cassazione civile, sezione terza, sentenza del 21.4.2016, n. 8039