Equità giudiziale correttiva od integrativa: queste le condizioni per il suo utilizzo.

L’esercizio del potere discrezionale di liquidare il danno in via equitativa, conferito al giudice dagli artt. 1226 e 2056 c.c., espressione del più generale potere di cui all’art. 115 c.p.c., dà luogo non già ad un giudizio di equità, ma ad un giudizio di diritto caratterizzato dalla cosiddetta equità giudiziale correttiva od integrativa, che, pertanto:
– da un lato è subordinato alla condizione che risulti obiettivamente impossibile, o particolarmente difficile per la parte interessala provare il danno nel suo preciso ammontare, come desumibile dalle citate norme sostanziali;
– dall’altro non ricomprende anche l’accertamento del pregiudizio della cui liquidazione si tratta, presupponendo già assolto l’onere della parte di dimostrare sia la sussistenza sia l’entità materiale del danno, nè esonera la parte stessa dal fornire gli elementi probatori e i dati di fatto dei quali possa ragionevolmente disporre, affinché l’apprezzamento equitativo sia per quanto possibile ricondotto alla sua funzione di colmare solo le lacune insuperabili nell'”iter” della determinazione dell’equivalente pecuniario del danno steso [Tribunale di Potenza, sentenza del 16.8.2013].

Scarica qui la sentenza >>

Lascia un commento