Istanza di sospensione dell’esecuzione formulata nell’ambito di un’opposizione ex artt. 615, 617 e 619 c.p.c., reclamo, ordinanza: strumenti di tutela

L’ordinanza con cui il Tribunale, ai sensi dell’art. 669 terdecies c.p.c. e art. 624 c.p.c., comma 2, decide sul reclamo avverso il diniego dell’istanza di sospensione dell’esecuzione, formulata nell’ambito di un’opposizione ai sensi degli artt. 615, 617 e 619 c.p.c., non è un provvedimento decisorio nè definitivo e perciò non è ricorribile per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 7, neanche nell’ipotesi in cui il giudice del reclamo abbia ritenuto inammissibile il mezzo di gravame, essendo comunque consentito alle parti, sia nel regime processuale del processo/esecutivo introdotto con L. 24 febbraio 2006, n. 52, sia in quello successivo di cui alla L. n. 69 del 2009, l’accesso alla tutela a cognizione piena a prescindere dal tipo di esito della fase cautelare. Ed invero, la ritenuta inammissibilità del reclamo non comporta la definitiva lesione, con efficacia di giudicato, di situazioni soggettive di natura sostanziale dei ricorrenti a causa del rigetto dell’istanza di sospensione dell’esecuzione pronunciato dal giudice dell’esecuzione con l’ordinanza reclamata. Tale ordinanza, infatti, a sua volta, è priva del carattere della definitività e della decisorietà, in quanto è destinata a regolare provvisoriamente le sorti del processo esecutivo, per la definizione delle quali è consentito alle parti l’accesso alla tutela a cognizione piena (ed infatti alle stesse è stato assegnato il termine per l’introduzione del giudizio di merito, ai sensi dell’art. 618 c.p.c., come ha evidenziato l’ordinanza reclamata) ed è quindi rimesso all’iniziativa della parte interessata l’effettivo inizio di tale giudizio nel termine fissato.

 

Cassazione civile, sezione terza, sentenza del 29.2.2016, n. 3892