Testimonianza: indicazione specifica dei fatti da provare per testimoni e nozione di interesse a partecipare al giudizio come causa di incapacità a testimoniare

La disposizione dell’art. 244 c.p.c. sulla necessità di un’indicazione specifica dei fatti da provare per testimoni non va intesa in modo rigorosamente formalistico, ma in relazione all’oggetto della prova. Pertanto, va seguito l’orientamento secondo cui l’esigenza di specificità deve ritenersi soddisfatta anche se i fatti, pur non precisati in tutti i loro minuti dettagli, siano esposti nei loro elementi essenziali, sì da consentire al giudice di controllare l’influenza e la pertinenza della prova offerta e da mettere in grado la parte contro la quale essa è diretta di formulare un’adeguata prova contraria, spettando peraltro alla diligenza del giudice istruttore e dei difensori, durante l’esperimento del mezzo istruttorie, una volta che i fatti siano stati indicati nei loro estremi essenziali, l’eventuale individuazione dei dettagli.

Va confermato che l’interesse a partecipare al giudizio, previsto dall’art. 246 c.p.c. come causa di incapacità a testimoniare, si identifica con l’interesse a proporre la domanda o a contraddirvi, previsto dall’art. 100 c.p.c.; sicchè deve ritenersi colpito da detta incapacità chiunque si presenti legittimato all’intervento in giudizio, senza che possa distinguersi tra legittimazione attiva e legittimazione passiva, tra legittimazione primaria e secondaria (intervento adesivo dipendente), tra intervento volontario e intervento su istanza di parte.

 

Cassazione civile, sezione seconda, sentenza del 23.12.2015, n. 25958