Difensore della curatela fallimentare, compenso, liquidazione da parte del tribunale fallimentare, maggior somma che gli compete per l’opera prestata, strumenti di tutela

E’ vero che il provvedimento di liquidazione, L. Fall., ex art. 25, del compenso al difensore che abbia assistito in una causa la curatela fallimentare risponde a esigenze specifiche della procedura. Ma tale giusta considerazione sta a significare semplicemente che la liquidazione autonoma non è preclusa dal provvedimento che il giudice di detta causa abbia reso ai sensi dell’art. 91 c.p.c., quanto al regolamento finale delle spese processuali. Invero nel liquidare il compenso anche il tribunale fallimentare deve osservare le prescrizioni della tariffa professionale. Ciò posto, qualora la definitiva decisione della causa determini l’importo delle spese processuali dovute alla curatela in misura superiore a quella liquidata al professionista in sede fallimentare, ricevendo in parte qua fruttuosa esecuzione, il professionista può invocare tale decisione come titolo per ottenere l’eventuale maggior somma che gli compete per l’opera prestata e che, se incamerata dal cliente, ne determinerebbe una ingiusta locupletazione. A tal fine ciò che rileva è che la liquidazione delle spese ai sensi dell’art. 91 c.p.c., con sentenza passata in giudicato, renda indiscutibile il parametro cui associare la valutazione del pregio dell’opera prestata e del risultato ottenuto dal professionista (art. 5 del D.M. cit.).

Cassazione civile, sezione prima, sentenza del 4.3.2016, n. 4269