Spese di lite, condanna ex art. 96, comma 3, c.p.c.: chiarimenti su natura della norma, ambito di applicazione ed entità della condanna

Relativamente alla applicazione della condanna ex art. 96 comma III c.p.c. vi sono tre principali questioni sulle quali non si è formata un’univoca posizione interpretativa e che vanno così risolte:

·         con riferimento alla questione se per procedere alla condanna sia o meno richiesta l’esistenza di un danno di controparte, va esclusa la necessità di un danno di controparte, pur se la condanna è stata prevista a favore della parte e non dello Stato, al probabile fine di rendere effettivo il recupero della somma e quindi l’afflittività della sanzione.;

·         con riferimento alla tematica dell’elemento soggettivo richiesto in capo al destinatario della condanna, pare che possa essere seguita la tesi più garantista, che postula comunque la presenza del requisito della malafede o della colpa grave, non già della sola colpa lieve od addirittura della mera soccombenza;

·         con riferimento alla problematica riguardante l’entità della sanzione monetaria, atteso che la norma non prevede limiti edittali, la soluzione più ragionevole ed utile ad orientare la discrezionalità del giudice è quella che utilizza il parametro delle spese di lite (si veda al riguardo il protocollo del Tribunale di Verona, forse attualmente il più noto a livello nazionale, che si è orientato nell’individuare nella forbice tra il minimo di un quarto ed il massimo del doppio delle spese di lite l’entità della condanna in questione).

 

Tribunale di Palermo, sezione seconda, sentenza del 23.11.2015, n. 6787