Procedimento di ricusazione: no al rispetto di termini predeterminati; diritto del giudice ricusato di essere ascoltato; no al perseguimento di funzione meramente preventiva

Il procedimento di ricusazione non impone di garantire il rispetto di termini predeterminati (tra cui anche quelli dettati dall’art. 377), non contemplati dalla vigente disciplina, nè compatibili con i caratteri essenziali e informali del procedimento delineati dagli artt. 51 e 54 c.p.c.; tuttavia il procedimento deve salvaguardare l’effettività del contraddittorio e del diritto di difesa, di cui al combinato disposto degli artt. 24 e 111 Cost., così da consentire adeguatamente alle parti di intervenire ed interloquire, sebbene non abusando della propria posizione processuale e da snaturare, quindi, i lineamenti e la funzionalità del procedimento come sopra ricordati. Pertanto, occorre bilanciare in concreto se le esigenze di celerità ed informalità del procedimento, in consonanza con la funzione e natura dello stesso, consentano comunque l’esercizio del diritto di difesa, nella sua effettività ed essenzialità.

L’art. 53 c.p.c., comma 2, attribuisce al giudice ricusato – che non è parte del procedimento incidentale di ricusazione – il diritto di essere ascoltato, ma non lo obbliga a rendere informazioni o chiarimenti, tranne che il giudice della ricusazione lo ritenga necessario per finalità istruttorie.

La ricusazione è strumento volto ad impedire, in presenza dei motivi di cui all’art. 51 c.p.c., la decisione della causa da parte di giudici concretamente designati, sicchè essa non può essere piegata a perseguire una funzione meramente preventiva e, dunque, utilizzata indipendentemente dall’effettiva assegnazione della causa ad un collegio.

Cassazione civile, sezione terza, ordinanza del 5.11.2015, n. 22647