Nuovo art. 183 bis c.p.c.: tendenziale uniformazione dei riti. L’attore deve allegare nell’atto introduttivo tutti i profili astrattamente deducibili.
Con l’introduzione dell’art. 183 bis c.p.c., l’Ordinamento ha predisposto uno strumento idoneo ad accorciare i tempi (e, di conseguenza, i numeri) della giustizia che postula l’eliminazione della dialettica scritta successiva alla prima udienza, almeno per come strutturata dall’art. 183 comma VI c.p.c.. Senza arrivare a sostenere che l’art. 183 bis c.p.c. esclude la modifica della domanda, pare potersi dire che la norma indichi un favor per la tendenziale uniformazione dei riti in punto di definizione del thema decidendum e del thema probandum già nella fase introduttiva, sulla falsariga del rito del lavoro, almeno con riferimento a ciò che in quella fase è già obiettivamente deducibile. In altri termini, la possibilità accordata al giudice di trasformare il rito ordinario in rito sommario di cognizione dovrebbe indurre le parti (in primo luogo, l’attore) ad allegare nell’atto introduttivo tutti i profili astrattamente deducibili che innervano la sua domanda di giustizia in relazione alla vicenda sostanziale che costituirà lo sfondo del thema decidendum. Vero è che la norma prevede l’instaurazione di un “previo contraddittorio”, ma è evidente che consentire sempre e in via di principio una modifica della domanda in prima udienza con la conseguente necessità per il convenuto di controdedurre implica, nella migliore delle ipotesi, almeno una successiva valutazione del giudice in ordine al se procedere comunque al mutamento di rito, rischiando di vanificare la portata accelerativa della nuova norma [Tribunale di Modena, sentenza del 9.9.2015].
Tribunale di Modena, sentenza del 9.9.2015