Lavoro: sì alle investigazioni private per accertare gli episodi oggetto di addebito disciplinare

Non può considerarsi affatto illegittimo il ricorso alle investigazioni private di cui si è avvalsa l’azienda allo scopo di accertare gli episodi oggetto di addebito disciplinare. Al riguardo è sufficiente richiamare il consolidato indirizzo interpretativo secondo cui le garanzie di cui agli artt. 2 e 3 stat. lav. operano esclusivamente con riferimento all’esecuzione dell’attività lavorativa in senso stretto e non si estendono a comportamenti tenuti dal lavoratore estranei alla prestazione vera e propria, ma comunque tali da incidere negativamente sugli obblighi di lealtà e correttezza incombenti sul lavoratore. Le disposizioni dell’art. 2 stat. lav., difatti, limitano la sfera di intervento delle persone preposte dal datore di lavoro a tutela del patrimonio aziendale, ma non precludono a quest’ultimo la facoltà di ricorrere ad agenzie investigative, a condizione queste non sconfinino nella vigilanza dell’attività lavorativa vera e propria, riservata dall’art. 3 1. 300/70 direttamente al datore di lavoro ed ai suoi collaboratori. In questa prospettiva si suole affermare che le previsioni statutarie di cui agli artt. 2 e 3 L. n. 300 del 1970 non precludono il potere dell’imprenditore di ricorrere alla collaborazione di soggetti (quale un’agenzia investigativa) diversi dalla guardie giurate per la tutela del patrimonio aziendale, difettando al riguardo espliciti divieti e, soprattutto, in considerazione del principio di libertà della difesa privata [Tribunale di Bari, sezione lavoro, sentenza del 4.2.2014].

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