Giudicato cautelare: i limiti alla riproponibilità dell’istanza cautelare

In ambito civile, non vi sono limiti alla riproponibilità dell’istanza cautelare ove essa sia divenuta inefficace, tanto più ove si consideri che, in dottrina, si ritiene pacificamente che possa essere riproposta l’istanza cautelare anche dal beneficiario della misura, e consistere nella richiesta di modifica riduttiva o ampliativa, in senso qualitativo e quantitativo, della misura già concessa. Se si può chiedere una modifica della misura già concessa, a fortiori deve ritenersi sussistente la possibilità di riproporre l’istanza cautelare non esecutiva e quindi insuscettibile di essere utilizzata dal beneficiario, a condizione, però, che non venga aggirata la preclusione del giudicato cautelare e sempre che sussistano, ovviamente, i presupposti per la sua concessione, vale a dire il fumus ed il periculum. Ed invero, la riproposizione deve pure coordinarsi con il principio e con la preclusione derivante dal c.d. giudicato cautelare, non potendo escludersi l’ipotesi di scuola che il ricorrente, ove non si accontenti di un provvedimento di accoglimento (ad es. solo parziale del sequestro), intenzionalmente non lo esegua, per poi riproporre una istanza, magari davanti al giudice del merito, avente un oggetto più ampio, anziché proporre reclamo. Deve allora ritenersi che, per il nuovo provvedimento cautelare, operi la preclusione per i fatti dedotti o deducibili, una volta spirati i termini per il reclamo [Tribunale di Trani, ordinanza del 16.1.2012].

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