Revirement sull’assegno divorzile: non è giustificato motivo legittimante una revisione
Presupposto per disporre la revisione dell’assegno divorzile è il sopraggiungere di un giustificato motivo (v. art. 9 co. 1 della L. n. 898 del 1970) laddove siffatto presupposto deve intendersi come fatto nuovo sopravvenuto modificativo della situazione economica in relazione alla quale erano stati adottati i provvedimenti concernenti il mantenimento del coniuge, non essendo consentito addurre fatti pregressi o ragioni giuridiche non prospettate nel procedimento di divorzio e ciò alla stregua del principio secondo cui il giudicato copre il dedotto e il deducibile.
Non può qualificarsi come giustificato motivo ai sensi dell’art. 9 della L. n. 898 del 1970 il mero mutamento di giurisprudenza in ordine ai criteri con cui deve attualmente essere commisurato l’assegno di divorzio – e cioè con esclusione della rilevanza del tenore di vita goduto in costanza di matrimonio – atteso che, in caso contrario, si verrebbe ad estendere a rapporti esauriti, perché coperti dal giudicato, una diversa interpretazione della regola giuridica a suo tempo applicata ma con efficacia retroattiva ciò che non è consentito nemmeno alla legge (perlomeno in via generale: v. art. 11 disp. prel. c.c.) e che produrrebbe un risultato valutato come irragionevole dalla giurisprudenza di legittimità.
Non può neppure essere invocato il principio del c.d. “prospective overruling” atteso che il mutamento di giurisprudenza ha riguardato una norma di carattere sostanziale e non processuale.
Tribunale di Mantova, sezione prima, sentenza del 24.04.2018